Eugenia Liotta, nostra attenta lettrice, ci invia questo suo contributo –
Un tuffo nel Bosforo come scena finale e liberatoria per entrare nel cuore di Istanbul e restarci per sempre.
“Rosso Istanbul” è un film di sentimenti repressi e nascosti nel profondo dell’io di uno scrittore tornato nella sua città’ natale, dopo vent’anni di forzato allontanamento a seguito di un dolore immenso per la perdita degli affetti più cari.
Arrivato ad Istanbul per aiutare un regista a terminare un romanzo e nella sceneggiatura del film, la scomparsa misteriosa dello stesso lo porta a fare i conti con il passato e a riscoprire gli affetti rimossi da tempo…. a riallacciare legami con familiari e amici abbandonati per tanto tempo.
Cosi’ riscoprirà’ l’emozione che si prova quando ci si innamora e l’affetto verso una sorella trascurata da anni.
Lui troppo concentrato e ingabbiato in un passato che non gli da’ spazio per vivere il presente, si aprira’ a nuove sensazioni ed esperienze.
Film di sentimenti interiori che non si dimentica di inserire sprazzi di vita odierna in una Istanbul piena di contraddizioni tra grattacieli e vita mondana, contrapposta a barriere repressive e madri che reclamano i propri figli scomparsi.
Credo che , con quest’opera, frutto della libera trasposizione dell’omonimo libro di cui e’ autore, Ferzan Ozpetek abbia dato vita ad una pellicola affascinante, ma a tratti non completamente risolta, che lascia molto punti oscuri: bravissimi gli attori,ma spesso ambigui e restii a disvelarsi completamente, trama ricca di ellissi e rapidi cambi di scena, la metropoli turca è presente in maniera parziale, piu’ nei suoni che nelle immagini, molto spesso confinate ad interni domestici della splendida villa sul Bosforo: c’e’ molto di autobiografico, nel tema dell’abbandono, la perdita, il dolore, i ricordi d’infanzia, gli amori omosessuali e la venerazione per certe figure femminili, ma la stessa critica cinematografica si sta dividendo sull’interpretazione nel commento a quest’opera del grande regista. Effettivamente, la sera in cui
ho visto il film, ero circondata da sguardi perplessi, lo spettatore, a mio avviso, questa volta fatica ad “entrare” nel misterioso intreccio narrativo di “Rosso Istambul”.
Probabilmente,la chiave di lettura ha la cifra del mistero, dell’oniricita’, della realta’ che sconfina nell’immaginazione, del ricordo che si fa presente e non risponde a logiche spazio-temporali consuete…ed in questo e’ racchiuso il fascino di un film che celebra soprattutto il tema del ritorno, dopo vent’anni, alla terra natia.