Schianto in autostrada: muore Pietro Bottino. Era detenuto presso il Rems di Pra’

Redazione –

Domenica 23 aprile alle 17 circa è tragicamente e prematuramente cessata, all’età di 47 anni, la vita inquieta e travagliata di Pietro Bottino. Praino DOC, figlio del fu Santo, lavoratore del Porto Petroli di Multedo, e di Teresina Bignone, della “dinastia” di pescatori praesi. Pietro si trovava alla guida di una potente motocicletta quando, scendendo sulla A26 in direzione del casello di Pra’, ha perso il controllo e si è schiantato prima della galleria “Madonna delle Grazie”, venendo subito dopo travolto da un’auto in transito e morendo sul colpo. Sul luogo dell’incidente sono intervenuti, oltre al personale della Direzione del Primo Tronco Autostradale di Genova, le pattuglie della Polizia Stradale e l’ambulanza dei soccorsi sanitari. Pare che Pietro tornasse dall’abitazione estiva della sua famiglia a Piampaludo, dove si era recato dopo essere evaso, la mattina stessa, dalla struttura protetta, o “REMS” (Residenza Esecuzione Misure di Sicurezza) di Villa Caterina, in via Fidelini, a Pra’, dove era recluso per finire di scontare una condanna a 14 anni di reclusione, più 3 anni in casa di cura, per per aver ferito a colpi di pistola due tifosi il 12 aprile 2004 davanti allo storico club rossoblù «Ottavio Barbieri». Pietro Bottino, infatti, era stato fino ad allora uno degli storici capi della tifoseria del Genoa, nell’ambito della quale era noto come “lo Squalo”, periodo contraddistinto da una lunga serie di precedenti penali. Arrestato nel 2004 proprio dopo un rocambolesco assedio nella casa di famiglia di Piampaludo, nel 2015 era uscito dal carcere di Montelupo Fiorentino, per seminfermità mentale, ma era tornato in cella e poi in casa di cura per aver violato gli obblighi degli arresti domiciliari. Da circa un mese era stato trasferito nella struttura di Pra’ da dove sarebbe fuggito proprio la scorsa domenica mattina insieme ad altre due persone ancora attivamente ricercate dalle forze dell’ordine. Ora il suo corpo, traslato presso l’obitorio dell’Ospedale San Martino di Genova, verrà sottoposto ad autopsia e sull’incidente è stata aperta un’indagine anche per accertare di chi fosse la moto su cui stava viaggiando e forse fuggendo inseguito dalla Polizia. Aprendo una parentesi, l’episodio della fuga di Pietro Bottino riaccende le preoccupazioni e la contrarietà dei cittadini di Pra’ per la struttura per detenuti psichiatrici di Villa Caterina che sta dimostrando tutta la sua vulnerabilità ed insicurezza per il circondario. A quanto si dice i funerali di Pietro si terranno nella chiesa di San Rocco, nella sua Pra’, dove lascia, oltre alla madre Teresina il fratello Gianni, la compagna e la figlia che risiedono nel sestiere di Longarello. Pietro Bottino, classe 1970, è stato visto l’ultima volta a Pra’ sabato mattina, quando era venuto a trovare la mamma con due ore di “permesso di libera uscita”, anche in funzione della sua buona condotta in quel di Villa Caterina: gentile e sorridente come gli capitava sempre quando ritornava a trovare parenti e amici nel suo luogo natio e dove ha vissuto gli anni felici e spensierati dell’infanzia e dell’adolescenza. La sua personalità può essere paragonata ad una sorta di Dottor Jekyll e Mister Hyde: a Pra’ era prevalentemente gentile e sorridente, istintivamente era di animo generoso, sicuramente non di indole cattiva, ma quando si cominciava a parlare di Genoa e a frequentare gli ambienti Ultras Pietro diventava irriconoscibile per i suoi cari e i suoi amici: violento, imprevedibile, quasi demoniaco, in ciò anche aiutato dal fisico alto, forte, possente. A noi praesi piace ricordarlo, “bagarillo”, con l’aria spensierata ed il visino già assai vispo, mentre gioca con i suoi amichetti “sulla piazza”.