La Redazione: riceviamo e pubblichiamo alcune brevi riflessioni di Francesco Provinciali, che ne fa dono ai lettori, in questa domenica: certamente, il giorno più adatto per fermarsi a pensare alla nostra esistenza, a coltivare un poco la nostra interiorita’. La settimana lavorativa spesso ci impone ritmi ed impegni stressanti, che possiamo voler sospendere con una pausa dedicata a guardarci dentro.
Che cosa ci affascina e ci incuriosisce dell’esistenza degli altri?
Certamente molti e variegati dettagli: gli stili e il tenore di vita, gli interessi, la collocazione sociale, le idee, i sentimenti, le ambizioni, i progetti.
Tutto ci serve come paradigma per misurare noi stessi con la realtà che ci circonda e la gente – sia che si tratti di amici, parenti, colleghi di lavoro o interlocutori occasionali – ci offre sempre buone opportunità di conoscenza e comparazione.
Siamo, bisogna dirlo, suggestionati molto dalle apparenze: uno dei culti del nostro tempo è il mito dell’estetica, la sua enfasi, il farne un modello di valutazione e di giudizio, lo status symbol di un’appartenenza, un esempio che racchiude in sé la combinazione vincente di un mix di fattori, nell’epoca del breve e dell’effimero, la rappresentazione iconica della capacità di essere adeguati.
Apparire si esaurisce in sé, si percepisce in un attimo, comunica e lascia un’impronta che abbaglia e stordisce, convince i più, classifica, connota, si impone in uno spazio furtivo ma vincente.
Questo è il tempo del tutto e subito, del colpo ad effetto, dell’impatto emotivo, della folgorazione della bellezza, del dovere di essere sempre adeguati e vincenti, del treno che passa e che non bisogna perdere, della felicità come forma di suggestione e di miraggio collettivi.
Per questo la civiltà della parola e quella dell’immagine riescono a marginalizzare con sempre maggiore disinvoltura le buone ragioni del pensiero e della riflessione.
Ma il teatro della vita non è fatto solo di rappresentazioni simboliche, di recite a soggetto, di copioni già scritti per aspiranti comparse: ci sono le pause, i silenzi, i cambi di scena, i saliscendi del sipario che rendono misterioso e intrigante ciò che accade dietro le quinte.
Nel gioco delle parti siamo tutti a nostro modo, degli attori sociali e questa è una spiegazione affascinante del nostro essere nel mondo, insieme agli altri, di questo renderci riconoscibili interlocutori di ogni sostenibile relazione sociale.
E poi c’è in noi, in tutti, quel sommerso che a volte ci sfugge, che spesso ci inchioda alle verità dell’esistenza, ciò che volutamente teniamo sopito nei tabernacoli della nostra intimità.
Mi ha detto Vittorino Andreoli: “dovremmo essere più cauti nel dire di una persona “io la conosco”.
Sappiamo, è vero, renderci presentabili ma non sempre quella che mostriamo è la parte più autentica del nostro essere.
E gli scandagli dell’anima, le introspezioni, i sentimenti sopiti e nascosti rivelano condizioni ben diverse da quelle cui reciprocamente ci abituiamo, dicendo vicendevolmente di conoscerci.
Pensiamo alla solitudine e ai suoi turbamenti, pensiamo ai mille volti della paura, alle angosce, alle reazioni depressive di fronte alle oggettive difficoltà della vita.
Questo sommerso ci accompagna dalla nascita alla morte, è uno scrigno misterioso che abita in noi, in ogni età della nostra vita.
Crescendo e vivendo in mezzo agli altri è come se gradatamente prendessimo le misure al nostro agire: non è sempre possibile – però- modulare i comportamenti emotivi, essere razionali, capaci di sostenere l’impatto di un rapporto, di una interlocuzione, un risultato negativo.
Ci sono quelle che Eugenio Borgna chiama le ‘intermittenze del cuore’.
Nel double-face del nostro essere non tutto si può vedere e trovo straordinario che accanto alla capacità di gioire e alla ricerca della felicità come scopo della vita ci siano tante persone che riescono a portare con dignità il fardello del dolore profondo fino alla morte, come un segreto, spegnendolo con sé al momento dell’ultimo commiato.
Chi riesce allora a sopravvivere ai soprassalti e agli inganni della vita, alle sue sorprese, alle oscure e 
misteriose difficoltà che ci riguardano, nei comportamenti e nei sentimenti, nelle gioie e nei dolori?
Forse coloro che posseggono la capacità di convivere con la sofferenza interiore, di darle un senso accogliendola nella sua dimensione poliedrica e inspiegabile, metabolizzando le ferite nascoste fino a rendere accettabile il fatto di sopravvivere a se stessi.
Per questo le cicatrici dell’anima rendono la vita un dono ancora più grande e più nobile.
Sono più numerosi e tormentati i nostri segreti che le cose che ci diciamo. Viviamo in un mondo dove crescono sentimenti negativi: timori, ansie, paure, invidia,rancore, cattiveria. C’è gente purtroppo che gioisce di più del male altrui che della propria felicità. E ferite dell’anima e del cuore sono spesso più dolorose di quelle fisiche. Non ci confidiamo più tanto volentieri on gli altri come un tempo, abbiamo esperienza e paura dei tradimenti. Secondo me l’invidia e la gelosia sono i sentimenti più diffusi. Anche il buonismo è ammantato da una patina di ipocrisia e perbenismo. Forse non siamo più capaci a ragionare con la nostra testa e ad abbandonarci agli slanci del cuore. Ogni gesto deve avere un tornaconto, tutto è calcolato.
Eppure ci sono anche tante persone per bene. Riusciamo a commuoverci ancora di fronte al dolore e alla sofferenza degli altri. Spesso ci sorprendiamo a riflettere perchè ben poco di quello che ci circonda riesce a renderci felici e molto spesso ci rifugiamo nella solitudine e nel silenzio. Moltiamori passano, finiscono e resta amarezza e delusione. Penso che tutta la vita sia fatta così: alternare gioie e dolori, delusioni e speranze. Dipende molto dalla sensibilità di ciascuno: ci sono persone che soffrono più intensamente e altre che si lasciano scivolare tutto addosso. O forse questo è quello che crediamo di vedere, ingannati dalle apparenze. Ha ragione il Prof. Vittorino Andreoli, citato da Francesco: “Ci pensi bene prima di dire ‘conosco una persona’ “. Perchè spesso siamo impenetrabili gli uni altri altri e ci frena la sofferenza e le le fregature che la vita dispensa a larghe mani.Vedere positivo? E’ un bel proposito. Alzi la mano chi non ha sofferto almeno una volta una grande, dolorosa, intima delusione.
Ho avuto un grande dolore, recentemente. Mi ha aiutato molto aprirmi verso gli altri e scoprire che c’era sempre qualcuno che aveva sofferenze da raccontare e ferite aperte da rimarginare. Solo parlando e dando fiducia al nostro prossimo possiamo ricevere del bene e la consolazione che ci ci può aiutare a superare le nostre difficoltà. E poi, per chi ha fede, c’è la preghiera.
Il dolore degli altri può aiutarci a superare a poco a poco il nostro. E’ vero: la vita è fatta di ferite nascoste da scoprire che possiamo curare aprendo il nostro cuore alla sofferenza altrui. La vita non è solo rose e fiori.
Sig. Provinciali lei riesce sempre a scrivere cose importanti e a descrivere bene la realtà fuori di noi e quella della nostra intimità. Grazie
Le ferite nascoste sono quelle che ci guardiamo bene dal mostrare agli altri, proprio perchè sarebbe un’ammissione di debolezza, un lasciar trasparire che esiste una parte di noi che può essere colpita, dove ci sono segni che non è vero che il tempo riesce sempre a cancellare. E’ quel lato che spesso nascondiamo anche a noi stessi, perchè fa paura, perchè prenderne consapevolezza è causa di altro dolore, perchè spesso non siamo in grado di trovare una soluzione al male, quando arriva da dentro. Non si conoscono mai abbastanza gli altri, ma credo che nessuno conosca mai abbastanza neppure se stesso, un po’ per natura, un po’ per volontà. Ci sono anime belle, che riescono a sopire silenziosamente la propria sofferenza e a farsi carico di quella degli altri. Queste sono le persone che meno di tutte si riesce a riconoscere, proprio perchè non ne danno modo, col loro laborioso quotidiano fatto di piccoli gesti e parole preziose ma che non vogliono fare clamore. Qui andrebbe ricercato il Vero Senso, non certo nell’effimera esteriorità, nella superficialità e nella leggerezza a cui invece i tempi moderni insegnano a dar importanza.
Grazie per questo articolo che dà a noi lettori lo spunto per una riflessione intima e profonda.
Penso alle ferite nascoste delle sempre più numerose vittime del femminicidio, alle donne che subiscono violenze e stalking, che sono perseguitate, sfruttate, massacrate, picchiate: non serve andare lontano per cercarle, basta aprire una porta di casa. Infatti le violenze contro le donne avvengono quasi sempre in famiglia, per mano dei mariti, dei compagni o ex tali, gelosi, padroni e possessivi. Molto spesso le donne non denunciano per paura o perchè sperano in un cambiamento. Ma chi è violento di natura non cambierà mai. Purtroppo questo è un fenomeno che si va diffondendo in ogni ambito: c’erano anche una volta questi fatti ma l’informazione, i giornali e la TV ci presentano ogni giorno un’escalation di fatti criminali sempre più bestiali. Ha ragione Papa Francesco quando dice: “a quanta cattiveria può arrivare il cuore dell’uomo”.Questa è una delle vergogne più schifose del nostro tempo e i colpevoli vanno puniti in modo esemplare, invece molto spesso se la cavano a buon mercato, con attenuanti e sconti di pena, riti abbreviati ecc. Poi – dopo aver ucciso e massacrato -. i carnefici dicono di pentirsi, che non volevano farlo, che hanno perso la testa, che sono stati provocati. Ma i carnefici restano carnefici e le vittime restano vittime. Queste donne se sopravvivono portano dentro di se’ delle ferite insanabili, che nemmeno il tempo riesce a guarire del tutto.
Specie quelle vittime di violenze sessuali. E vorrei ricordare anche le violenze sui bambini, di cui si parla troppo poco: abusati, abbandonati, usati, a volte uccisi dagli stessi genitori. Una cosa orrenda. I bambini spesso non hanno voce, non c’è nessuno che parla per loro, che sa interpretare il loro dolore e la loro sofferenza. Ma cosa resta nella mente di un bambino che ha subito una violenza di qualunque tipo. Ci vuole più severità e la sicurezza della pena. Condanne esemplari: solo questo può fermare le mani assassine.
Sono pienamente d’accordo ,il mondo per i più tanti di noi è costruito su tutto ciò che è apparenza ,si da molta importanza alle cose materiali,dimenticando spesso,l’amore e lealtà,valori ormai dimenticati da molti. Spesso le persone riescono a nascondere le loro debolezze e fragilità,questo a mio parere non è bello,forse perchè io sono una persona semolice che appare ciò che è in realtà con debolezze e difetti che fanno parte di mè e non capisco perchè dovrei nasconderli,in fondo mi dovrebbero amare per ciò che sono.Inoltre credo che per quanto la vita ci metta a dura prova ,bisogna essere ottimisti e vedere sempre il lato migliore delle situazioni ed andare avanti con il sorriso ,sicuramente così riusciremmo a vivere un esistenza migliore.
Come tutti, ho avuto anche io le mie grandi e piccole gioie, e momenti di leggero dispiacere o profondo dolore: ognuno di noi si porta dentro, nel suo vissuto, cicatrici dell’anima, indelebili, ma per fortuna, la vita non è solo matrigna, spesso è madre amorosa che ci rende felici, ognuno nel suo modo particolare.
Personalmente, ho sempre trovato conforto, nei momenti bui, attraverso gli affetti VERI:i genitori e fratelli, i figli, il compagno di vita, ma questo è normale…più difficile poter contare sull’amicizia, ma tantissime volte mi è capitato ciò, ovvero, le parole, la vicinanza, la disponibilità di un’amica mi hanno veramente aiutata. Memore di questo, sono appagata quando posso, a mia volta,essere di sostegno all’altro.
È tristemente così. È la traslitterazione da pentagramma a caratteri alfabetici di una bellissima sinfonia del Maestro Morricone.
Davvero toccante.
C’è gente che riesce a convivere con il dolore interiore, le sofferenze, i dispiaceri, le preoccupazioni con grande dignità e compostezza.
A volte riuscendo persino a mostrare un lato ottimistico di se’, a vedere con ironia la vita e i suoi molteplici inganni.
Aprendo il cuore agli altri possiamo confortare ed essere confortati: siamo nati per questo, per farci penetrare dalla vita del nostro prossimo.E’ vero, in giro c’è anche tanto egoismo, il dio denaro comanda lo spartito e detta i comportamenti. Però non c’è soddisfazione più grande di asciugare una lacrima, usare una parola buona, dare una stretta di mano che riesca a trasmettere anche dei sentimenti.
Un tempo si parlava di amicizia: oggi sembra un valore caduto in disuso. Ma tanto dipende anche da noi: non dobbiamo aspettare che sia il nostro prossimo a compiere il primo passo.In famiglia, sul lavoro, persino nel tempo libero non sempre le nostre relazioni umane sono improntate a sincerità e altruismo.L’amore non ha prezzo e corrispettivo, non aspetta ricompense.Difficile anche essere sempre noi stessi, c’è sempre una maschera per ogni circostanza.Siamo un po’ tutti double-face, anche senza volerlo. Oggi non sempre le tecnologie favoriscono la sincerità dei rapporti si vive più di apparenze. E si usano i mezzi tecnici e la scienza anche per ferire, per fare del male. Risulta persino essere coerenti con se stessi, figuriamoci affidando il nostro pensiero a qualcosa di esterno da noi. Ma parlare fa bene, bisognerebbe farlo più spesso, i genitori coi figli e viceversa. E ascoltare: un’abitudine che veniva insegnata non solo a scuola e che oggi ci va stretta. C’è sempre qualcosa di dire e ridire su tutto.
Anche io mi unisco alle voci di ringraziamento per aver proposto questo tema affascinante e debbo dire che il Sig. Provinciali l’ha saputo presentare e trattare con una delicatezza quasi raffinata. Fa bene al cuore e alla mente leggere ogni tanto qualche pagina che fa riflettere e invita alla pacatezza e alla comprensione degli altri. Anche io mi ci sono ritrovato e mi sono sentito “capito” e ben interpretato.
Dott. Provinciali, noto con piacere che i Suoi articoli hanno sempre un ottimo seguito. Mi complimento nuovamente con Lei.
Tra le righe, qui sopra, traspare una spiccata sensibilità. Realmente rara, in un contesto quale quello attuale.
Le ferite nascoste corrodono l’anima.Solo gli affetti piu’ cari riescono a lenire il dolore che inevitabilmente lacera il cuore.Per i credenti la fede e’ l’ancora dove aggrapparsi quando le ferite nascoste bruciano come il fuoco dentro di noi.Grazie di cuore per questo articolo e grazie al Signor Provinciali per la Sua Grande sensibilita’.
Come lo dici bene Francesco, non si conosce mai davero neanche il miglior amico, ne il marito, nemeno I genitori, nemeno noi stessi. abbiamo una parte piu autentica? non lo so. Magari ne abbiamo diverse secondo le stagione della vita, i suoi drami e le sue goie. non rimaniamo uguali dalla nascita alla morte, ma quello che rimane e si ripete lungo gli anni, quelle ricorrenze di scelte, sbagli, reazioni e azioni sara probabilmente la nostra parte piu autentica che ci piacia o meno, la vera nostra essenza e spesso la nostra prigione.
Grazie Francesco per farci riflettere su quello scrigno misterioso che siamo, uno scrigno che e anche uno specchio pieno di ombre e luci sorgente del nostro passato, delle nostre esperienze e delle nostre emozione piu profonde anche dimenticate.
Penso alle “ferite nascoste” e al dolore dei familiari delle vittime di violenza sempre più feroce che sta invadendo la nostra vita. Non c’è consolazione. E penso anche non senza raccapriccio al fatto che a questa violenza ci stiamo quasi abituando, come se fosse parte della nostra vita e assistiamo tutti come spettatori macabri ai talk show dove si trattano questi fatti di cronaca come se fossero la trama di un film.Forse ci stiamo abituando al peggio senza accorgercene e ciascuno conserva in se’ il suo dolore, perchè comunicarlo alla fine diventa quasi inutile. Vedo una profonda mancanza di giustizia, tutto è concesso, abbuonato, perdonato. La violenza è entrata nella nostra vita e ne è diventata il vero direttore d’orchestra.