Francesco Provinciali –
Non fa più notizia se in qualche scuola del “bel paese” la ricorrenza del prossimo Natale suscita polemiche che vanno oltre gli addetti ai lavori: è nella previsione normativa che legittima queste forme di autogoverno degli istituti scolastici, la possibilità di assumere iniziative che si discostano dalle consuetudini pedagogiche cui siamo abituati. E non sarebbe la prima volta che la religione diventa motivo di dissenso o di espressione di punti di vista diversi, sia che si tratti della ricorrenza del Natale, dell’allestimento del presepe o della presenza del Crocifisso nelle aule o , viceversa, della sua rimozione. Ma sostituire un canto natalizio con “Bella ciao” o non praticare le nostre tradizioni perché potrebbero offendere la suscettibilità di chi professa altre credenze, pare una forzatura immotivata. Chi appartiene alla mia generazione ricorda che la prima cosa che si faceva entrando in classe era di pregare (e probabilmente – crescendo – non se ne è poi mai vergognato) ma non avrebbe mai immaginato questa deriva di arrendevolezza, rinuncia, nichilismo e di pensiero debole, non avrebbe pensato che quello che una volta era “il fondamento e il coronamento “ della buona educazione sarebbe stato un giorno messo all’indice delle pratiche da bandire, come pericolose e insidiose forme di discriminazione. Da troppo tempo in nome della trasparenza e della neutralità asettica di un pensiero orfano di idee perdiamo il gusto di vivere e di gioire per le piccole cose. Siamo ricchi di storia ma stiamo diventando poveri di spirito. Nelle nostre abitudini, ricorrenze, nelle scelte di vita quotidiana, nei valori trasmessi e nelle tradizioni ricevute si conservava il volto della nostra identità, delle cose in cui ci siamo sempre riconosciuti e ritrovati. Per questo, adesso, il vero dogma non è più la festicciola di Natale ma la sua negazione. I simboli religiosi della cristianità fanno parte della nostra storia e della nostra civiltà, in essa affondano le radici della nostra cultura condivisa, anche nelle sue espressioni di dissenso. Non offendono nessuno, non turbano alcuna sensibilità perché – specie in occasione del Natale – ci parlano di gioia, di letizia, di amore, di pace, di fratellanza che sono valori universali, riconosciuti e rispettati in tutto il mondo anche da chi professa altre fedi. Tacere, nascondere, occultare questi simboli e queste tradizioni, vergognarsene, immaginare che possano discriminare anziché unire è una rinuncia alla propria identità, una sconfessione della propria storia laica che – volenti o nolenti- ha dialogato con i valori della cristianità per duemila anni. Sono innumerevoli le consuetudini e le convenzioni mutuate dal Cristianesimo e metabolizzate nella nostra vita. Nessun canto natalizio, nessun bambinello nella culla, nessuna recita potrebbe suscitare turbamenti o ispirare sentimenti negativi. Sono i bambini stessi, nella loro innocenza, che rendono puri e simbolici questi gesti che li fanno stare insieme. Penso ad esempio che sarebbe bello dedicare i canti di Natale alle vittime delle guerre e del terrorismo e questo potrebbe mettere tutti d’accordo: laici, cristiani, musulmani, miscredenti e atei. Dedicare una riflessione, una preghiera, un momento di raccoglimento per ricordare ad esempio i bambini di Aleppo e di Mosul, vittime dell’odio e del fanatismo che meriterebbero – loro sì, più di tutti, un Natale diverso.
Un bellissimo pensiero che condivido in pieno.
Basta con le paure di rispettare le tradizioni consegnate dai nostri nonni.
Basta con il timore di offendere le altre religioni.
Ma con noi tutte queste premure gli altri ce l’hanno?
Mi pare di no.
Sono d’accordo. Basta sottometterci alle fedi altrui, per paura di offendere qualcuno.
Natale è la festa di tutti specie dei bambini perchè parladi pace, di speranza, di solidarietà, valori che riguardano tutti oltre la religione di appartenenza.
E’ veramente fuori luogo cantare Bella ciao a Natale, davanti a presepe o all’alberello.
Questa è una canzone dei partigiani che ci ricorda il 25 aprile non il 25 dicembre.
Basta essere ridicoli. Eppure qualche mentecatto in giro c’è sempre.
I nostri genitori ci mandavano a scuola ben contenti se recitavano poesie o cantavamo canzoncine di Natale, se facevano il presepe con la maestra o l’albero di Natale nel salone della scuola. Non esiste una ragione sensata per non farlo più ora. Ogni popolo ha la sua storia, le sue radici, il suo modi di festeggiare le feste e le ricorrenze. Se noi andassimo in un paese arabo o musulmano a impedire il ramdam o la lettura del Corano on troveremmo tanta pazienza fino a rinunciare alle loro tradizioni per non turbare le nostre sensibilità.
E’ ora di smetterla di essere ridicoli! Come dice l’autore dello scritto il Natale è la festa dei bambini e non sarà certo questa festa a discriminare ma se mai a unire e divertire i bambini che nella loro innocenza non fanno distinzioni di religione. Il tarlo ce l’abbiamo nella testa, dobbiamo esigere rispetto da chi entra nel nostro Paese: abbiano una stiria che va rispettata. E soprattutto i bambini non c’entrano niente.
Il Natale è dei bambini, da sempre. Guai a chi glielo tocca!
Perchè privarli di una gioia per le turbe mentali di qualche depresso che vede il male dove non c’è?
Presepe, albero, canti e poesie, letterina a Babbo Natale: sono tutte gioie per i bambini che non sanno nulla dell’odio religioso degli adulti.
Anche a scuola, certo.
Le nostre tradizioni non si toccano!
Il Natale si festeggia da migliaia di anni perchè mai dobbiamo proprio adesso togliere canti e poesie, presepi e simboli di questa festività, per non offendere qualcuno?
E chi mai potrebbe offendersi per un messaggio di pace e di gioia? E chi potrebbe levare il Natale ai nostri bambini? Sono cose veramente incredibili, eppure ci sono scuole dove si fanno venire in mente queste follie.
Hai ragione Ilaria!
Giù le mani dal Natale e dalle nostre tradizioni!
Il Natale è intimità. famiglia, affetti più cari.
E’ una ricorrenza religiosa ma non toglie altri altri il diritto di praticare altre religioni.
Da noi è così. Dagli altri sarebbe uguale?
Ma è anche una festa sociale, civile, che parla al cuore di tutti gli uomini e le donne del mondo e reca un messaggio di gioia e di pace.
Lasciamolo stare dov’è e a scuola lasciamo che i bambini facciano i loro canti e recitino le loro poesie, come hanno sempre fatto (e non è mai morto nessuno, per questo).Forse solo in Italia ci sono queste malinconie e questi dubbi senza sugo e senza sale.
Quante opere d’arte, quanti libri, quanta musica è dedicata al Natale?!!!
Fa parte della nostra storia, le radici della nostra formazione culturale sono lì, perchè mai dovremmo vietarne la ricorrenza a scuola e privare di questa festa i bambini?
Solo gli sciocchi possono pensare una cosa simile.
Eppure c’è chi inocula il virus del dubbio.
Il Natale può offendere le altre fedi religiose?
Può TURBARE (sigh!) la coscienza in formazione dei bambini?
E’ un’offesa agli stranieri in Italia?
Tutte emerite stupidaggini tirate fori da ci ha poco sale in zucca e non conosce la storia.
Siamo nati nella civiltà del cattolicesimo, la nostra culla è stata quella.
Ma a parte la religione e precisato che vanno rispettati tutti i punti di vista , di chi crede, di chi non crede, di chi è totalmente ateo, di chi professa una religione diversa ecc. io penso che il Natale sia la festa più bella dell’anno, specie per i bambini e pensare di ridurla a un nulla, a qualcosa senza anima, senza idee, senza gioia sia un delitto educativo.
Pensare di offendere è sinonimo di debolezza mentale e timidezza culturale. Dobbiamo andare fieri della nostra tradizione, ce l’hanno insegnata gli anziani di casa, prima ancora della chiesa stessa.
Ebbene SI’, Natale forever!
Non c è nulla da aggiungere ai commenti ed all articolo, sul quale sono completamente d accordo.
Grazie Francesco di questo sincero e coinvolgente contributo!
Chi preferisce i mujaidin, gli ezbollah, e i gabibbi…
lasci perdere il presepe e si faccia crescere la barba e poi si iscriva al partito islamico.
Qui in Italia vogliamo il Natale, il presepe, i canti, le poesie, il bambinello. Anche a scuola, anzi soprattutto a scuola.
Difendiamo le nostre tradizioni!
A chi non gli va le frointiere sono aperete anche in uscita.
Parole sante, Emanuela e Luisa. Qui il Natale non si tocca.
Il fascino del Natale ci ricorda la nostra infanzia, i nonni, la famiglia.
Forse è vero che a Natale siamo tutti più buoni. Perchè rinunciare a questa festa così intima, che tocca il cuore di grandi e piccini?
No, il Natale non si tocca davvero.
Chi la pensa diversamente è fuori dalla storia.
Sono d’accordo con tutti i commenti precedenti.
Ogni anno questa storia si ripete, chi ha paura, chi ha vergogna, chi teme di offende la suscettibilità.
Che educazione danno questi insegnanti ai loro bambini?
E i Presidi non dicono niente?
Tutti hanno paura di fare a scuola le stesse cose che fanno a casa loro.
Fanno pena.
Un Natale senza canti, poesie, festicciole a scuola è come un cielo senza stelle, un mare senza onde, un prato senza erba.
Ci ricordiamo di quando eravamo bambini, come eravamo felici di allestire il presepe e fare l’albero?
La magia del Natale deve restare per i bambini di oggi e di domani, e nessuno è mai stato escluso perchè l’infanzia è innocente e non ha bandiera politica o fede religiosa. E’una festa meravigliosa e universale, che si celebra in tutto il mondo.
Solo qui in Italia abbiamo certe idee strampalate in testa e nonostante ogni anno ci sia un coro di proteste contro chi vuole eliminare o sostituire la festicciola del Natale con altro che c’entra niente, c’è sempre qualcuno che vuole distinguersi e fare il puro.
Sfido chiunque a non pensare che sia una stupida idiozia.
Il Natale vuol dire bambini e anche maternità.
E’ la festa della vita, del venire al mondo, della famiglia.
Non dobbiamo lasciarci condizionare dai ricatti ideologici e religiosi dei fondamentalisti: abbiamo il dovere di portare avanti le nostre tradizioni religiose e culturali per salvare nel tempo la nostra identità e le nostre radici.
Come ciascun popolo o etnia fa nel proprio Paese, senza che nessuno batta ciglio.
Perchè solo in Italia siamo dei calabraghe?
Nella mia classe multietnica il Natale è+ festeggiato da tutti i miei alunni, bambini della primaria.
Ne sono orgogliosa e loro felici. Nessun genitore si lamenta.
Neanche quelli di religione musulmana.
Forse chi rovina il porto è il marinaio, alias il collega o la collega che si fa venire in mente dubbi e ansie che non esistono nella realtà.
Lo scandalo è negli occhi di chi guarda.
Ma da me sono tutti contenti: i bambini non vanno considerati per le differenze di razza o religione. Se si fa una festa la si fa tutti insieme. Così non ci sono discriminazioni. Invece ci sarebbero se si vietasse un canto o una poesia. I bambini ci insegnano come ci si comporta, a volte sono più maturi degli adulti nella loro semplicità. Nessuno di loro pensa di essere oppure sentirsi diverso.
Lo sarebbe se gli fosse impedito di festeggiare il Natale insieme agli altri bambini, alla pari. Così tutti si sentono uguali e vivono questi giorni con semplicità, gioia e innocenza.
E’ tutto il giorno di Natale che dicono alla televisione le cose che abbiamo scritto tutti.
A Pra’ siamo chiaroveggenti!