Il pampano – L’“Assarotti”

Antonella Freri –

Noi bambini della fine degli anni ‘60 giocavamo per strada, i nostri genitori con un grande compasso immaginario disegnavano un cerchio e dentro questo cerchio c’erano tutte le nostre giornate, tutti i nostri giochi, dentro questo cerchio crescevamo. Iniziò anche per noi la scuola, lasciavamo i giochi, e, per la prima volta, uscivamo da soli dal cerchio, entravamo a scuola noi per diventare io, diventavamo individui riconosciuti attraverso un cognome, le nostre ginocchia sbucciate si cicatrizzavano e il cerchio si dissolveva. Il vento del sessantotto soffiava e premeva ma Pra’ bloccava, l’Assarotti serrava i ranghi, resisteva a quel vento impetuoso che portava il cambiamento, che trasformava l’istruzione. Fuori dell’Assarotti tutto sembrava Medio Evo, le classi rigorosamente divise per genere, l’entrata delle ragazze ben distante da quella dei maschi, e se, maliziosamente prima dell’entrata qualche ragazzina sfilava con civetteria davanti all’accesso maschile veniva rimproverata. Ma dentro era avanti di millenni, le insegnanti oltre ad essere preparate erano consapevoli che avrebbero dovuto plasmare quei ragazzi in uomini del futuro, che dipendeva da loro ciò che avrebbero forgiato per il mondo. Ho nel mio cuore la professoressa di Lettere, “Prof” Battegazzore, lei non usava libri, compiti, quaderni, ci insegnava la vita, ogni giorno era una lezione nuova, ci insegnava che non esistevano barriere alla conoscenza, da lei ho imparato l’amore per la lettura, il prestigio della lingua italiana, la potenza di un pensiero brillante, e se oggi dalle mie dita scorrono concetti lo devo a lei. Le scuole di Pra’ non erano solo lezioni e sgridate, erano fatte di gite scolastiche, di gruppi sportivi ci insegnavano a socializzare, la sana competizione. I libri di testo erano sempre gli stessi, ci abbiamo studiato tutti, il “Camera Fabietti” di Storia e il “Gugliemino” di Letteratura e, in caso di interrogazione improvvisa i “Bignami” ci assicuravano un sei stirato. L’Assarotti e sempre li, intristita dal tempo che scorre, sonnecchiante fra i suoi pini, le cattive riforme, i tagli alla spesa hanno conservato l’istruzione ma hanno portato via la cultura. Ma dentro è sempre lei, lavagne imbiancate dal gesso, banchi macchiati dell’inchiostro e dall’ inquietudine delle verifiche.