Poesie di Giorgio Provinciali –
PRIMAVERA DI GUERRA
Erano liete
queste vecchie case,
ma anch’esse adesso,
incenerite e vuote
si rimandano l’eco
del dolore e del pianto.
Era ridente qui
la primavera,
ora invano ritorna
ed invano richiama,
nulla più le risponde.
Guarda:bioccoli bianchi
sbocciano dai monti,
non sono fiori
e recano la morte.
RIMPIANTO
Io fui con voi soltanto
per brevi giorni,
uomini eroici e ignoti
di Monte Scalari.
Ché, quando all’alba
la tedesca rabbia
via ci disperse,
io me n’andai con altri,
per le colline
dolci del Chianti,
giù verso il fronte.
E fui, alfine, in Siena
già libera, vestita
di bandiere al vento.
Io fui con voi soltanto
per breve tempo,
ma poi per sempre
io mi portai nel cuore
un amaro rimpianto:
non essere tra voi.
Ed oggi, ancora,
io vi rivedo spesso
sopra quelle cime,
uomini della “Sinigaglia”,
e Te, “Gino”, rivedo
mentre t’allontani
con la testa china
e col tuo mitra in pugno
e, pur tacendo, CHIAMI.
Ho letto molte volte queste poesie di mio padre.
Di lui conservo un Attestato rilasciato dal Gen. Alexander, comandante delle forze alleate in Italia. Dice più o meno così…” i possessori di questo diploma saranno riconosciuti per i loro gesti di eroismo nella lotta partigiana che hanno contribuito a rendere libera L’Italia e saranno ricordati per aver combattuto per l’onore e la Libertà…”.
Mi domando- guardandomi intorno – se tanto sacrificio non sia stato invece dimenticato. Forse la libertà bisogna perderla per apprezzare la fatica di riconquistarla.
A mia volta, come semplice lettore, invio questo ricordo di Don Giovanni Barbareschi, 96 anni, vivente, prete partigiano, “Aquila randagia”, ribelle per amore.
Mi sembra ci lasci un messaggio importante.
Voglio “onorarlo” non fosse altro che per l’amicizia fraterna che mi ha riservato.
DON BARBARESCHI PRETE PARTIGIANO, RIBELLE PER AMORE
Appeso ad una parete della sua casa di Milano c’è un attestato di riconoscenza rilasciatogli dagli ebrei polacchi, in memoria e gratitudine dei tanti ricercati dai nazi-fascisti da lui salvati con falsi lasciapassare e accompagnati in Svizzera: così fu anche per i renitenti alla Repubblica di Salò, i cittadini inglesi e americani fuggiti dai campi di concentramento, i perseguitati dal regime. La Resistenza per lui cominciò così, da giovane diacono nella casa estiva di Madesimo. Fu arrestato dalle SS per il suo aiuto agli ebrei e imprigionato nel carcere di San Vittore dove durante un violento interrogatorio gli fu spezzato un braccio: ma non parlò, non fece nomi, non tradì. 96 anni, piglio fiero, modi pacati, Don Giovanni Barbareschi, medaglia d’argento della Resistenza e medaglia d’oro della Provincia di Milano, Giusto tra le nazioni, parla di sé e di quegli anni in cui si schierò – educato fin da ragazzo all’antifascismo- con i partigiani, collaborando attivamente alla redazione del giornale clandestino Il ribelle. Gli episodi scorrono nel suo racconto e sono tutti vivi nella memoria: “era logico che io mi mettessi dalla parte della Resistenza e mi schierassi al fianco di coloro che si opponevano ad una mentalità, ad un modo di fare, alla Repubblica di Salò, al regime fascista. In tanti abbiamo detto di no e il nostro no era convinto.
Vorrei però mettere in evidenza che la forza più grande della Resistenza non è stata quella armata, bensì quella di tutte le persone che si opponevano con un gesto, con una mentalità, con un rifiuto: la vera Resistenza fu una resistenza morale e ad essa noi preti abbiamo dato una testimonianza autentica”.
Il contributo dei religiosi consacrati alla lotta di Liberazione nazionale fu notevole e riconosciuta dalle Associazioni partigiane: lo stesso “mitico” Presidente ANPI Sen. Raimondo Ricci espresse più volte stima e riconoscenza verso i parroci, verso le suore che ospitavano gli oppositori al fascismo, i perseguitati, gli ebrei, mettendoli in salvo a costo della loro stessa vita, come risulta da una circostanziata indagine storica del Prof. Agostino Giovagnoli. Anche di fronte alle molte rivisitazioni retrospettive di quel periodo il pensiero di Don Barbareschi è netto: “l’immagine che traggo dalla Resistenza è assolutamente positiva per la generosità, il rischio di allora: oggi non si rischia più niente, tutto è pesato, quantificato., previsto, programmato. Manca il senso di gratuità e generosità di un gesto, di un’idea, di un’azione. Quando un uomo non rischia non è uomo: due sono le condizioni che qualificano un uomo, la capacità di ‘rischio’ e la capacità di ‘sogno’. Oggi non si rischia più e non si sogna più: un uomo che non sogna non è un uomo, sognare e rischiare sono ciò che lo rendono tale”.
Ma ciò che colpisce di più di questo uomo di Chiesa coraggioso e aperto, lucido e convinto delle scelte fatte è la sua profonda fiducia nell’uomo, nei valori tramandati, nella spontaneità non calcolata dei gesti di altruismo: “ la cosa più bella della Resistenza fu la nostra solidarietà, gli uni con gli altri. Non importava se eri comunista, prete, socialista o liberale: eravamo persone che resistevano e questo ci rendeva uniti.
E’ esattamente ciò che manca all’uomo di oggi: mancano idee forti che ci uniscano, idee fondamentali, essenziali. Che senso ha oggi la parola onore, che senso ha la lealtà, la fedeltà, l’espressione “io sto con te”.
Tutto è comprabile, tutto è vendibile, tutto è cedibile. E si trovano sempre le motivazioni per giustificare quelli che una volta chiamavamo ‘tradimenti’.
Oggi persone così non le trovate più ed è questo che manca, soprattutto come esempio ai giovani, che non ereditano più idee e valori, ereditano modi di fare e si persuadono che la verità dipenda tutta dal ‘gridarla’, dal dirla tutti allo stesso modo.
Il primo atto di fede che l’uomo deve compiere – e ve lo dice un prete – non è in Dio: il primo atto di fede che l’uomo deve compiere è nella sua libertà, nella sua capacità di essere e di diventare sempre di più una persona libera.
Perché la fede e la libertà dell’uomo non si dimostrano: si credono, come un mistero. Ma è capace ancora l’uomo di oggi di giocare la vita su un mistero? Penso di no, penso che l’uomo di oggi non cerchi più la verità ma l’evidenza, che non sarà mai la verità ma una ‘piccola’ verità.
E quando parlo di verità come mistero intendo quella di un’amicizia, di un amore, di una fedeltà, di una meta raggiunta. Una verità da conquistare giorno per giorno, come dice il Vangelo: “la verità vi farà liberi”.
Grazie Don Barbareschi, grazie ultima “aquila randagia”.
È triste dover constatare che insieme alle più atroci manifestazioni di violenza dell’uomo, emergano i sentimenti più alti che lo stesso può provare e manifestare! Dovremmo riuscire a far emergere il bene anche senza doverlo contrapporre al male!!!Invece l’uomo continua a fare gli stessi errori e sembra non riuscire ad imparare niente! Ma finché ci saranno persone così ALTE come la figura ricordata più sopra….Forse non abbiamo di diritto di perdere la speranza di poter cambiare le cose. ..
Trascrivo una parte del testo scritto nel “Certificato al Patriota” n.° 33135 rilasciato a mio padre e firmato dal Gen. H.R. Alexander, Comandante delle Forze Alleate in Italia. Vi leggo tra le altre queste parole… “Col loro coraggio i patrioti italiani hanno contribuito validamente alla liberazione dell’Italia e alla grande causa comune di tutti gli uomini liberi. Nell’Italia rinata i possessori di questo attestato saranno acclamati come patrioti che hanno combattuto per l’onore e la libertà“ e mi domando in quale meandro nascosto della nostra memoria collettiva si possa trovare ancora una traccia di gratitudine per quanto abbiamo ricevuto.
Le giovani generazioni dovrebbero serbare una sincera gratitudine verso coloro che hanno dato la propria vita e hanno speso la propria gioventù perchè l’Italia tornasse ad essere un Paese libero, democratico e civile.
Purtroppo molti sacrifici sono stati vani, visto l’andazzo della società e della politica attuali: riceviamo prevalentemente pessimi esempi di comportamenti negativi votati al male.
Del 25 aprile dovremmo ricordarci ogni volta che – senza magari apprezzarla – compiamo gesti, anche minimi e quotidiani di libertà.
Un popolo che non conosce la propria Storia spesso è costretto a riviverla.
Speriamo che non accada più.
Che belle queste poesie che ci restituiscono uomini valorosi che fecero di noi un popolo libero , pagando un prezzo molto alto . In tempi come questi è doveroso ricordare che la libertà di oggi la dobbiamo a questi uomini che ci hanno regalato la propria vita.
Bellissime parole, Eugenia, che riassumono sentimenti che tutti dovremmo provare.
Oggi sono tutti “democratici” a parole ma nei fatti prevalgono invidia, cattiveria, violenza.
Belle queste poesie, leggendole provo una tristezza infinita, e mi ricordano i racconti dei miei genitori …Pipetto…borsa nera….paura delle bombe…..e finalmente la gioia della Liberazione….
E la storia si ripete, inesorabile, in ogni parte del mondo, per interessi e prevaricazioni che gli umani dispensano verso altri umani , perchè questi fatti non insegnano a porre fine alle cattiverie
Hai ragione Nadia, la violenza è connaturata all’uomo. Ma anche il bene lo è, basta volerlo.
Questa è gente che ha speso gli anni migliori della vita combattendo per la libertà: la loro che poi è diventata la nostra.
Non avevano telefonini e computer, non c’era facebook ne’ istagram, non si twittava.
Ma bastava la parola data e una stretta di mano. Valori che oggi non ci sono più perchè la gente è diffidente e pensa prima al male che al bene.
Poesie e racconti, testamenti spirituali commoventi e pieni di amore, nonostante le brutture della guerra.
Testimonianze che restano appese al filo sottile della memoria fino a quando non le dimentichiamo.
Penso che a conti fatti, guardandoci intorno come scrive Francesco, non li meritiamo.
Troppo grandi rispetto a noi, alle nostre piccolezze, alle miserie umane alle quali ci aggrappiamo, perchè vogliamo vivere, godere , impossessarci del mondo.
La nostra libertà durata oltre settant’anni la dobbiamo a questi uomini, non certo agli ominicoli e ai quaquaraqua che pretendono di governarci, è tutto un panorama squallido e desolante. Persino una vergogna.
Per questo è una libertà che ha radici lontane ma che oggi non siamo degni di mantenere con quei valori di allora.
Pensare che quando ce ne andiamo per sempre non ci portiamo dietro neanche il tappo di una penna biro.
La nostra grettezza, il nostro egoismo, l’indifferenza verso gli altri ci rendono lontani anni luce da questi esempi di vita.
Non abbiamo nemmeno il coraggio delle nostre idee semplicemente perchè non abbiamo più ne’ idee ne’ ideali.
Grandi uomini, belle figure, eccezionali esempi.
Belle persone che oggi sarebbero dei disadattati in un mondo di furbi, scaltri, arrivisti e traditori.
No, non abbiamo imparato la loro lezione.
Si vede che la dovremo studiare da soli, chissà se alla prova dei fatti ne saremmo capaci, visti gli alti ideali a cui ci ispiriamo.
Si aspettavano magari due parole di appoggio dall’ANPI di Prà.
Credo che avrebbe fatto piacere a tutti leggerle, senza polemiche, in spirito unitario.
http://www.repubblica.it/politica/2018/04/25/news/napolitano_odio_insulti_social_blog_5_stelle-194770123/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P3-S1.8-T2
Lasciamo perdere la politica ma il rispetto per la vita e per un uomo di 92 anni che ha fatto la Storia del Paese, questo dovrebbe contare.
Uno dei padri della Patria, due volte Presidente della Repubblica.
Proprio oggi, 25 aprile, perchè tanto odio? Questi che insultano in rete ricordano i nazi-fascisti, non i partigiani.
Coloro che insultano, offendano e invocano la morte di una persona che non la pensa come loro non sono degni di rappresentare l’unità del Paese e neanche di governarlo.
Vergogna!
La polizia postale sta individuando coloro che hanno augurato in rete a Napolitano di morire: ci si augura una condanna esemplare.
Questo è odio non politica.