Carnevale: usi, costumi praini e non solo

Giuseppe Bruzzone –

Quando iniziava Febbraio sentivo dire dalla nonna Manin “ Dopu a dumenega de Settuagesima te faiò e boxie (bugie), e diceva “ Carlevà tutte e feste u e fà turnà”. Io nel mio piccolo credevo che “Settuagesima” fosse la santa inventrice delle bugie .La nonna mi spiegò che la domenica di Settuagesima cade settanta giorni prima della Domenica di Pasqua e segna l’inizio del tempo di Settuagesima o di Carnevale.  Il mese di Febbraio era ed è uso fare le boxie. Andavo a trovare la nonna Manin e lei le faceva come si dice “in diretta”: impastava con vino bianco,farina uovo e zucchero, poi aggiungeva la buccia di limone grattugiato e lo strutto, la biga riposava per poco  Io assistevo il tutto spizzicando lo zucchero, dopo un breve riposo della biga, col mattarello abilmente la nonna tirava la sfoglia, e con la rotella tagliava delle strisce, le friggeva e le spolverava con lo zucchero a velo. Sparivano in un baleno, una delizia!  Poi uscivo con le labbra bianche, tanto era Carnevale, andavo ai giardinetti con un cappellino da cow boy e una pistola. Lì incontravo: Niclo, Renzo, Luciano, Gianni, miei compagni di scuola , chi con una spada in mano e l’elmo da legionario romano, chi con un capello nero e un mantello alla Zorro, e non mancava l’indiano Sioux. Le nostre mamme si ingegnavano con pezzi di stoffe avanzate, creavano dei vestiti alla buona, bastava avere un simbolo, per noi era il massimo, non c’erano tutti quei vestiti completi che si trovano ora , importanti i sacchetti dei coriandoli e le stelle filanti. Iniziava il gioco carnevalesco con inseguimenti a zig- zag tra le aiole, volavano coriandoli e stelle filanti. Breve fermata quando avevamo la bocca piena di carta colorata, poi stanchi e sudati ci salutavamo, ritornavamo a casa dove ci attendevano i compiti. Alla prima domenica di Quaresima si partecipava alla Pentolaccia, un rito sempre in uso. In ogni associazione, oratorio, circolo sportivo di Prà, si organizza la festa. Accompagnati dalle mamme (raramente dai papà) sempre vestiti col costume, bendati, dovevamo abbattere con un manico di scopa una pentola di cartone a più strati, che era appesa al soffitto con una carrucola, un operatore la muoveva in sù e in giù. Essa non si rompeva subito, cosi noi ci passavamo il bastone e la benda fintanto che si rompeva. Uscivano caramelle, stelle filanti, cioccolatini di ogni genere, tutti noi ci gettavamo a terra a raccogliere e a strapparci le caramelle dalle mani, tornavamo a casa stanchi ma con le tasche e la pancia piene di dolcetti  Il Carnevale prende il via con il giovedì grasso, e culmina in occasione del martedì grasso. Le date sono stabilite ogni anno in base a come cadono la   Quaresima e la Pasqua e il martedì grasso è appunto l’ultimo martedì prima del mercoledì delle Ceneri, giorno che inaugura la Quaresima. Di antiche origini,Carnevale è nipote delle feste dionisiache greche e dei saturnali romani, in cui si celebrava un rinnovamento simbolico, una sorta di rinascita dell’ordine costituito che era preceduta da un breve momento nel quale era concesso un ribaltamento delle gerarchie e degli obblighi sociali. Per pochi giorni era possibile mutare il ceto : il povero faceva il ricco e viceversa, con comportamenti che in tempi normali sarebbero stati sanzionati, scherzi anche violenti e sberleffi erano all’ordine del giorno. La Chiesa fece sua questa manifestazione. In epoca medioevale, le persone comuni potevano salire sull’altare di una chiesa e tenere sermoni sconci, senza timore di ripercussioni; nel corso del XIII secolo, pare sia nato il termine “Carnevale”: dal latino “carnem levare”, cioè “eliminare la carne”, riferito all’ultimo banchetto prima del periodo di astinenza e digiuno della Quaresima. È comunque una festa mobile perché legata alla Pasqua. Il giovedì grasso è il secondo più importante giorno del Carnevale, passato Martedì Grasso tutto torna alla normalità. Si torna alla penitenza della Quaresima. Non a Milano, dove Sant’Ambrogio fece un regalo alla città arrivando in ritardo, di ritorno da un pellegrinaggio, lasciò i milanesi ad aspettarlo altri 4 giorni oltre il martedì grasso. Il giorno dopo è il Mercoledì delle ceneri, è l’inizio della Quaresima, periodo di preparazione della Pasqua. In questo giorno i fedeli fanno penitenza e digiunano con l’astinenza delle carni. L’uso di imporre le ceneri sulla testa in segno di penitenza era praticato già nell’Antico Testamento ed era conosciuto anche dai pagani. Il sacerdote pone una piccola quantità di cenere benedetta sulla fronte o sulla testa dei fedeli. Esse sono ricavate dalla bruciatura dei rami d’ ulivo benedetti nella Domenica delle Palme dell’anno precedente. Il significato del gesto è quello di ricordare la caducità della vita terrena e impegnarsi a convertirsi nella Quaresima. La formula che accompagna l’imposizione delle ceneri ha due frasi: “Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai” (da l’ Antico Testamento) e ” Convertitevi e credete nel Vangelo” (dal Concilio Vaticano Secondo) . In Liguria chiamiamo “Pignatta” la pentolaccia. L’usanza è antica e deriva dalla festa medioevale di “mezza Quaresima”: in quel giorno i Liguri giocavano in piazza “ a batte a munegha”, un fantoccio di cartapesta appeso ad un albero o un palo, riempito di dolci, che venivano poi mangiati una volta rotto il contenitore. Era considerato una parentesi nel digiuno quaresimale voluta dal popolo e   permessa dalla Chiesa. Ritornando alle boxie, per mia figlia Valeria, il Carnevale non vale senza le boxie della bisnonna Manin, così in casa teniamo una scorta fuori misura per celebrare il Carnevale rispettando la ricetta della nonna. In tutta Italia sono chiamate in diversi modi; chiacchiere, galani, sfrappole, cenci, crostoli, frappe, fiocchetti, rosoni, lasagne, pampuglie, ecc, e la ricetta si presta a molte gustose varianti.