Abdon marciava a Pra’ e dintorni

Giuseppe  Bruzzone –

Non è il nome di un gran sacerdote dell’ antico Egitto o di un eremita galileo del lago di Tiberiade, è il nome di uno dei più grandi atleti dell’ atletica leggera italiana: all’anagrafe fa Abdon Pamich.
Lo conobbi grazie a Beneitin, (Benedetto), il figlio della Bedin, la vicina e amica della nonna Beppa, nonchè fittavola del

terreno del Barone Podestà posto lungo l’ Aurelia, sotto il muraglione fino allo stabilimento Verrina. Coetaneo di mia madre Angela, era un appassionato sportivo praticante di ciclismo e nuoto; alla spiaggia mi diceva “ Battu u crol (crawl)” il cosidetto stile libero, e vederlo nuotare in mare era uno spettacolo.
In un tardo pomeriggio estivo ero nella remissa (rimessa) che aiutavo la nonna Beppa ad ordinare i mazzetti di basilico nelle cassette, Beneitin mi chiamò“Vegni che passa u Abdon”, andai da lui perplesso e un po’dubbioso.
Ci sedemmo sul basso muretto lungo via Pra’ posto tra la villa Podestà e lo stabilimento di Verrina. Sul marciapiede lato

mare transitava un uomo un po’ stempiato vestito da atleta: canottiera e pantaloncini corti con delle piccole scarpette ai piedi, aveva un’ andatura mai vista, non correva, sembrava barcollare, ma in equilibrio. Mi scappò una risata, per me era buffo con quelle movenze a scatti. Beneitin mi riprese “Nu rie! Quell’ atleta u l’ è in specialista da marcia, u deve caminà cuscì, se u cure ou squalifican !”
Rimasi interdetto, e continuò “ Passa u vinciture da medaggia d’ ou da marcia de Olimpiadi de Tokiu”: e pronunciò un nome strano: Abdon, cognome Pamich.
Rimasi a bocca aperta, cribbio! Avevo davanti a me uno dei più grandi atleti del momento, con quella buffa andatura avanzava in direzione di Voltri e mezzora dopo ricomparve in direzione opposta verso Palmaro. Abdon si allenava in questa maniera: finito il lavoro, alla Esso di piazza Della Vittoria, cominciava l’ allenamento: arrivava a Voltri fino al capolinea della linea 1, girava e tornava a Genova. Beneitin mi spiegò che lo faceva per avere l’abitudine alla gara dato che la marcia si corre su un circuito stradale cittadino. Così quando passava venivo chiamato da Beneitin, seduti sul muretto lo osservavamo. Successivamente presa più confidenza inforcavo la mia rossa bici, la Ideor, e lo seguivo correndo sul marciapiede fino a Verrina, e vedendomi Abdon mi salutava; tornavo indietro e lo aspettavo transitare stando seduto sul muretto.
Ma ad un certo punto tutto finì: non lo vedemmo più!
Beneitin ben informato mi disse che si era trasferito a Roma seguendo l’ azienda dove lavorava. Peccato avevo fatto l’ abitudine a vedere Abdon: era un appuntamento vanto per me a raccontarlo ai compagni di Prà.
La storia di Abdom Pamich è particolare; nasce nel 1933 in Istria nella città cosmopolita di Fiume e vive purtroppo il dramma della sua terra alla fine delIa II guerra mondiale dopo l’ occupazione dell’Istria da parte delle forze Yugoslave. La famiglia di Abdon che in ebraico vuol dire servo- servo di dio, partecipò all’ esodo con altri 300mila istriani nel 1947, scappò rifugiandosi in Italia, iniziando un triste calvario da profughi.
La guerra era finita, in Italia non erano tempi allegri, macerie e miseria dominavano la vita quotidiana. I profughi non erano tanto ben visti, l’accoglienza non fu delle migliori,(come del resto ai nostri giorni); la sua famiglia dopo il campo profughi di Novara si stabilì a Genova.

Ragazzo di animo sportivo, già in Istria pensava al pugilato ma a Genova seguì il fratello maggiore praticante della marcia, nella squadra Amatori Atletica dell’ ex campione Giuseppe Malaspina, il migliore allenatore del periodo.
Diplomatosi geometra si impiegò nella società petrolifera Esso.
La sua sfolgorante carriera cominciò nel 1955 per terminare nel 1974. Vinse tutte le gare più importanti della marcia, fu protagonista di cinque Olimpiadi: 1956 bronzo a Melbourne, 1960 Roma argento,1964 oro a Tokio, 1968 Messico e a Monaco 1972 dove fu anche portabandiera della squadra nazionale, inoltre fu campione italiano, d’ Europa e mondiale detenne il record dell’ ora dei 50 Km su pista marciando per 4 ore 14 ‘; un super campione che ha dato lustro alla nostra atletica partendo dalle gare su strada genovesi.
Un aneddoto: vinse a Tokio superando un brutto momento, si fermò per un bisogno corporale, ma gli avversari non si accorsero di ciò, cosi tornò in strada, raggiunse la testa del gruppo, staccò tutti arrivando al traguardo in solitaria, un trionfo che videro in pochi alla tv in bianco e nero.
Ritiratosi, si dedicò all’insegnamento della marcia, mise a frutto le due laure in Psicologia e Sociologia come assistente della Federazione di Pallamano. Impegnato con l’ associazione nazionale Venezia Giulia-Dalmazia continua la divulgazione del dramma istriano ricordandolo nelle scuole e in convegni. Pamich è stato anche promotore della Corsa del Ricordo che si tiene sempre a febbraio nel quartiere giuliano-dalmata di Roma; proprio una persona indomita. Grazie al gran campione, dopo quei passaggi sul rettilineo verso Verrina divenni un appassionato di Atletica Leggera, e anche se non ho mai praticato la marcia seguo sempre con interesse le gare di atletica leggera, dai campionati nazionali, mondiali alle Olimpiadi
In questi giorni a 57 anni dalla sua splendida vittoria si svolgono le Olimpiadi sempre a Tokio, ma Abdon ha un cruccio: sono le ultime Olimpiadi dove si vedrà per l’ ultima volta la gara di marcia dei 50 km, la sua preferita.